Scambiarsi un massaggio ci aiuta a crescere andando oltre ai blocchi mentali e culturali
Nel lontano 1995 quando incontrai per la prima volta Agama Cunningham, non avevo mai praticato, ma neanche rucevuto un massaggio. Ricordo che nell’ambito della scuola quinquennale tenuta da Yuki Abragams, in cui iniziai il mio percorso formativo per divenire operatore olistico, ella invitò questo maestro di massaggio di origini inglesi, ma che al tempo viveva in Toscana. Mi chiesi, cosa ci azzeccasse il massaggio in una scuola che prevalentemente lavorava con la meditazione attiva, il movimento consapevole ed il teatro-danza. Fatto sta che fu amore a prima vista, e da allora non ho più smesso di specializzarmi e di praticare il massaggio. Ricordo che al tempo Agama mi disse: ” Vipal, guarda che il massaggio è la tua strada, la tua meditazione!” Oggi che lo pratico sia per lavoro che per diletto, ed ho sviluppato una tecnica tutta mia, composta da suoni e musica, aromi e profonde carezze profuse con oli caldi, devo dargliene atto: aveva ragione. Il massaggio mi ha seguito nel percorso di crescita, insieme ai curandero, gli sciamani, e gli istituti di formazione occidentali da cui ho attinto in questi anni.
Penso che tutti siano portati al massaggio, una pratica vecchia come il mondo, in cui il tocco, la carezza e la coccola sono sinonimo di amore. Sono le paure, i blocchi mentali e culturali che a volte inibiscono lo scorrere spontaneo delle mani: esse, se lasciate andare non più imbrigliate dalla mente, si posizioneranno proprio dove la persona ne avrà più bisogno, e con il loro caldo movimento si ne prenderanno cura.